Osteopatia: le differenze tra approccio strutturale e fluidico
L’ osteopatia si divide in due grandi approcci : quello strutturale e quello fluidico , entrambi centrati su un concetto fondamentale, il movimento. Per comprendere meglio questa distinzione, bisogna partire da una premessa: il nostro corpo è dotato di due tipi di movimento principali. Da un lato, abbiamo il movimento “permesso”, osservabile a livello articolare e legato ai nostri gesti volontari . Dall’altro, esiste un movimento involontario e profondo, definito “fluidico”, che si genera dagli scambi tra i liquidi intra- ed extracellulari e permea ogni parte del corpo.
IL MONDO DELLE ARTICOLAZIONI ED IL RESPIRO PROFONDO NEL CORPO
Un esempio interessante riguarda il sistema nervoso centrale , che esprime un ritmo proprio percepibile perfino durante interventi neurochirurgici, e il liquido cerebrospinale, che fluisce tra l’encefalo e le ossa del cranio. Questo fluido, tramite le meningi, trasmette una pulsazione ritmica che muove le ossa craniche e coinvolge il tessuto connettivo, una complessa rete che avvolge e collega l’intero corpo, da vasi sanguigni e nervi fino agli organi e muscoli. Le fasce muscolari, ad esempio, rivestono i muscoli, generando tendini e legamenti che tengono unite le articolazioni.
Questo movimento profondo e ritmico è chiamato “respirazione primaria” . Quando la respirazione primaria è armonica, tutto il corpo ne beneficia; quando è alterata, però, può disturbare anche i movimenti più esterni e visibili, come quelli delle articolazioni, e a lungo andare può condurre a problemi dell’apparato muscoloscheletrico. È qui che entrano in gioco i due approcci osteopatici.
DUE APPROCCI, UN UNICO OBIETTIVO
Con l’ approccio strutturale, l’osteopata analizza e tratta manualmente le articolazioni , ripristinando la funzionalità attraverso test specifici e tecniche di manipolazione. Con l’ approccio fluidico, invece, si focalizza su quei movimenti ritmici involontari e sottili , valutandoli tramite la palpazione e lavorando per ristabilire l’equilibrio dell’intero sistema.
Entrambe le modalità si pongono l’ obiettivo di sostenere il benessere globale del paziente , ma ognuna lavora su livelli e meccanismi differenti per raggiungerlo.